Perché arrendersi al degrado? Perché accettare questa desolazione e rinunciare ad un pezzo importante della città, che invece può fungere da cerniera tra terra e mare, entroterra e costa, passato e futuro?
Il Lungomare sud di Bari è una di quelle parti di città – non l’unica, purtroppo – che può essere definita un non luogo, spersonalizzato e spersonalizzante, privo di un’identità, non relazionale e non storico, come direbbe Marc Augè.
Ma non è sempre stato così: chi ha già i capelli bianchi potrà ricordare che quella zona di Bari, ancora negli anni ’60 era dedicata allo svago dei baresi e anche sufficientemente attrezzata, grazie alla presenza di sale ricevimenti – chi non ricorda “Il transatlantico”, lidi e stabilimenti balneari, con opere architettoniche progettate da architetti di riconosciuta fama, come lo studio Chiaia-Napolitano.
Partendo da un viaggio nella memoria allora, la domanda che sorge è (almeno per i più “dinamici”): perché arrendersi al degrado? Perché accettare questa desolazione e rinunciare ad un pezzo importante della città, che invece può fungere da cerniera tra terra e mare, entroterra e costa, passato e futuro?
Ritenendo che i tempi siano maturi per riaprire una riflessione, critica e seria, su luoghi come questo, alcuni rappresentativi stakeholder del territorio – Confindustria, ANCE e Confcooperative Bari-BAT, l’ Ordine degli Architetti e l’Ordine degli Ingegneri Bari, l’Università e il Politecnico di Bari, insieme a Legambiente Puglia e al Centro Studi e Ricerche Cerset – a partire da ottobre 2015 si sono ritrovati intorno al “Tavolo sulla Rigenerazione Urbana ed Edilizia Sostenibile” per ragionare su come rilanciare le politiche di riqualificazione del territorio, con un approccio “place based” e integrato, fondato soprattutto sulla fiducia nell’interazione fra diversi saperi e punti di vista.
L’idea di fondo è quella di promuovere – così come avviene in altre città europee – modalità di programmazione degli interventi basate su un’azione sinergica di più soggetti, sulla partecipazione attiva del tessuto economico e sociale, con la mobilitazione qualificata delle imprese della filiera della riqualificazione urbana e dei settori della green economy e l’apporto creativo e qualificante delle comunità locali, delle istituzioni scientifiche e dell’associazionismo attivo.
In tal senso, la rigenerazione urbana potrà rappresentare un indicatore rilevante della capacità di rinnovamento del territorio, utile a soddisfare i bisogni della società, diventando anche un formidabile driver per lo sviluppo economico e il sostegno all’ occupazione.
La metodologia seguita dal Tavolo sulla Rigenerazione Urbana e l’edilizia sostenibile consiste nell’individuazione di alcuni casi pilota su cui sperimentare la progettazione partecipata, per poi verificare la validità del metodo e replicarlo su vasta scala nella città metropolitana.
Il primo ambito di analisi scelto dal tavolo è il Lungomare di Bari che va da Palazzo Agricoltura a San Giorgio che – come il quartiere Libertà o altre parti di città – è una zona che richiede interventi integrati di tipo economico, ambientale, urbanistico e di risanamento sociale e sui quali ciascuna organizzazione presente al tavolo è stata chiamata a proporre un proprio contributo, nell’ambito delle sue competenze.
Sono stati dunque realizzati tre studi, raccolti in questa pubblicazione: il primo, realizzato dal Prof. Nicola Schingaro dell’Università di Bari, è un’analisi qualitativa che fornisce un quadro preliminare relativo alla qualità della vita e bisogni dei residenti e dei lavoratori dell’area, e ricostruisce interessi, visioni e risultati attesi dei membri del partenariato economico-sociale della città metropolitana di Bari e/o dei probabili investitori.
La seconda pubblicazione, a cura del Prof. Domenico Spinelli del Politecnico di Bari si sofferma sulla storia e le trasformazioni del paesaggio costiero a sud-est di Bari nell’ultimo secolo, che da costa inaccessibile è diventato – negli anni trenta – luogo transitabile e modernamente pavimentato “divenendo spazio urbano e rappresentativo per eccellenza”, e poi purtroppo “trasformato dalla speculazione e l’abusivismo (…) in territori di trascuratezza e degrado”.
È stato poi elaborato dal Dipartimento di Architettura del Politecnico di Bari un modello di intervento – raccontato nel terzo studio a cura dei proff. Loredana Ficarelli, Francesco Defilippis, Mariangela Turchiarulo – fondato sul ripensamento del rapporto tra la città di Bari e il suo mare nel tratto urbano a sud: dal punto di vista urbanistico infatti in questa zona la città si è sviluppata in fasce parallele al mare, delimitate dalle linee infrastrutturali che, oltre a non comunicare tra loro, non stabiliscono alcuna relazione con il mare, determinando la condizione di degrado e abbandono in cui versa la fascia litoranea.
Sulla base di questi apporti il Tavolo per la Rigenerazione Urbana ha elaborato una proposta condivisa che sottopone al giudizio dell’opinione pubblica cittadina e al confronto con le istituzioni per verificarne l’effettiva realizzabilità.
Non si tratta di un progetto, ma piuttosto di una visione che propone una strategia territoriale di sviluppo urbano, sociale ed economico trasversale a tutte le sue componenti e che , sebbene potrebbe ben qualificarsi come supporto operativo alle scelte strategiche dell’amministrazione comunale, non prentende affatto di esserlo, volendo piuttosto rappresentare una sfida, una provocazione, un pungolo per tutta la cittadinanza che potrà rintracciarvi una risposta ad esigenze di socialità, relazione, dinamicità accanto alle funzioni tipiche di una grande città moderna: logistica, terziario avanzato, servizi, ricerca e accoglienza.
Fonte: Connectbari